
Condividere la conoscenza per comunicare correttamente la sostenibilità

Senza conoscenza non si acquisisce consapevolezza e capacità critica di giudizio: di questo è certa Giusy Bettoni, Ceo e fondatrice di C.L.A.S.S Eco Hub (in foto) che si batte per sensibilizzare, su più fronti – dalla stampa agli addetti ai lavori, dai designer ai produttori, fino ai consumatori – e diffondere la nuova formula della moda virtuosa che condensa in F= D x I x S x C, ovvero Moda come integrazione perfetta di Design, Innovazione, Sostenibilità e Comunicazione. Per questo motivo, oltre a organizzare pressday dedicati a brand sostenibili e mirati ai giornalisti che poi dovranno diffondere la cultura della sostenibilità, ha intrapreso anche un altro percorso strategico con Training, una offerta educativa sviluppata in tre momenti con lo scopo di condividere informazioni pratiche, fornire le basi e accelerare i tempi verso la sostenibilità, come ci spiega Giusy Bettoni.
C.L.A.S.S. nasce con l’intento di fare “advocating”, quindi di sostenere e informare sulla sostenibilità.
Si, questa è la nostra mission fin dalla nascita nel 2007. Vorrei però premettere che non può esistere la responsabilità senza prodotti belli e innovativi, che tengano conto dell’impatto sull’ambiente e sulle persone. Non è più innovazione e buon design se il risultato va ad inquinare o sfruttare le persone. Quindi non ci può più essere innovazione senza responsabilità.
A che punto è la sostenibilità nella moda? Sono più virtuose le aziende del monte o del valle?
Come C.L.A.S.S. abbiamo lavorato tanto sulla filiera. Tutti sappiamo che l’impatto maggiore deriva dalla trasformazione delle materie prime e sotto questo punto di vista c’è stata una grande evoluzione, sia nella filiera che nei brand. Oggi il contesto, rispetto al 2007, è più positivo, ma esiste ancora una grande confusione perchè sembra che improvvisamente tutto sia eco-friendly e green. Anno dopo anno, ci siamo dati dei goal per arrivare al nostro obiettivo che è integrare la dimensione della responsabilità per offrire al consumatore finale qualcosa che sia di nuova generazione; ma per arrivare al consumatore ci vuole anche la comunicazione corretta, che non riguarda solo quella tradizionale, ma il racconto dei valori della sostenibilità. Tuttavia, lo storytelling diventa greewashing se non c’è uno storymaking che spieghi e giustifichi i costi della sostenibilità, ancora percepita come cara.
Quindi portate avanti azioni per la comunicazione della sostenibilità?
Si, nella comunicazione strategica attraverso pressday mirati per i giornalisti al consumer, e poi con la creazione nel 2018 dell’Academy che va nella direzione di “sharing the knowledge” perchè se non c’è conoscenza non si può fare sostenibilità. Abbiamo creato il Class Smart Shop che è un e-commerce con i materiali più innovativi e interessanti, con relative caratteristiche, e li abbiamo messi a disposizione di chi non ha una entratura professionale nel mercato, soprattutto la nuova generazione dei designer, per trasmettere il concetto che la sostenibilità è bella, innovativa e accessibile nei prezzi. Poi abbiamo istituito le Smart Voices una volta al mese per la condivisione di idee, conoscenze, nuovi modelli di business e storie in grado di “scuotere” il sistema moda con un atteggiamento responsabile; ci sono poi le Master Classes customizzate sulle richieste delle aziende e l’Icon Award per i creativi visionari in grado di trasmettere i valori della sostenibilità non solo ai professionisti, ma anche ai consumatori. Mancava quindi al nostro programma una parte di Training, qualcosa di concreto, semplice e da implementare.
Quali sono gli argomenti di Training e a chi si rivolgono gli incontri?
Si tratta di incontri live di circa un’ora ciascuno, che nel tempo verranno ripetuti spesso. Uno riguarda l’introduzione e la spiegazione delle 4 dimensioni per la moda di nuova generazione, guidata cioè dai valori di cui parlavo prima: design, innovazione, comunicazione e responsabilità dove verrà spiegato che l’innovazione non riguarda solo i materiali sperimentali, ma ci vogliono business model adeguati. Il secondo argomento è dedicato ai materiali perchè in questo ambito regna la confusione maggiore: quindi cosa significa materiale naturale e sostenibile, riciclato, eccetera, specificando criteri e fornendo strumenti per capire meglio. La natura di questi 2 incontri è molto basica e sono destinati sia a chi inizia il proprio percorso in qualità di designer o product developer oppure merchandiser, ma anche a chi si vuole aggiornare. Bisogna capire che la sostenibilità non si giudica dalle certificazioni (es. GOTS, LCA, ecc) che sono legate a un solo fattore all’interno di un processo ben più complesso e articolato soprattutto nel tessile-abbigliamento. Abbiamo inoltre aggiunto un incontro, dedicato alle aziende per ora italiane, che riguarda il bilancio di sostenibilità, cercando di sfatare il luogo comune che è complicato e costoso. Il bilancio di sostenibilità si divide in due parti: la raccolta dei dati, che dovrebbero essere automaticamente in possesso dell’azienda, e la certificazione da parte di un ente terzo. Quindi per l’azienda il bilancio di sostenibilità diventerà un valore aggiunto da spendere in modo più efficace rispetto a una delle tante certificazioni del prodotto. Riteniamo quindi che questi incontri siano strumenti validi per accelerare il cambiamento del sistema moda.
DI Flavia Colli Franzone