DA OVEST A EST E RITORNO

JAMDANI

di Fabio Adami Dalla Val

Parliamo spesso, o troppo poco spesso, di paesi lontani in cui i nostri jeans vengono prodotti. A volte ce ne accorgiamo solo perché troviamo il loro nome sulle etichette dei nostri vestiti e mai penseremmo di visitarli come meta delle nostre vacanze. Il Bangladesh è uno di questi. E’ il paese nella cui capitale é nata la “mussola”, la cui arte di tessitura, JAMDANI, é patrimonio culturale UNESCO. 

Confesso, la prima volta, non sapevo dove fosse Dacca, cosa fosse e perché ci stessi andando. Oggi un po’ mi manca, non come il Brasile, ma un po’ si. Ogni volta che mi trovo a parlare della mia esperienza a Dacca mi sento considerato come un sopravvissuto a qualche catastrofe. Un atteggiamento superficiale e del tutto inappropriato per molte ragioni.

Per la bellezza e gentilezza di un popolo con una grande storia, che é passato attraverso grandi sfide e che vive l’orgoglio di essere nazione in ogni suo elemento. Per la crescita continua dei livelli di scolarizzazione e di educazione di alto livello. Per i grandi sviluppi degli ultimi dieci anni sia dal punto di vista industriale che economico, limitati spesso solo e soltanto dall’ottusità di altri; e anche per il fatto che il Bangladesh é rilevante per l’economia italiana essendo uno dei principali importatori dall’Italia di macchinari tessili, prodotti chimici, tessuti e accessori a livello globale.

Senza dimenticare una produzione di mango tra i migliori che io abbia mai mangiato… e di mango me ne intendo quasi quanto di caipirinha!

In Bangladesh si possono trovare aziende che producono jeans tra le più moderne a livello globale, anche e soprattutto per quanto riguarda ecosostenibilità e – soprattutto  – etica del lavoro. Una riflessione a questa punto é doverosa: é ancora possibile collegare il valore di un capo solo e soltanto al paese in cui é prodotto? O dobbiamo forse iniziare a pensare a “chi e come” se vogliamo veramente ripensare in meglio la filiera tessile e il nostro futuro.