THE FABRICS’ SOUP

di Marco Poli

DESIGN

La città di Milano è in fibrillazione. La vigilia della Design Week è sempre vissuta come un momento di raccoglimento quasi religioso, per preparare una liturgia che si svolge per lo più nel “Fuori Salone”.

I negozi di design e anche di moda si mobilitano con largo anticipo per ospitare le novità di case che producono mobili e oggetti che le rappresentano e, nello stesso tempo, rappresentano l’Italia in giro per il mondo. 

Oggetti e mobili destinati ad essere esposti nelle abitazioni di facoltosi clienti o sulle barche di armatori che forse non sempre comprendono il loro valore ma, che assolvono al compito di elevare nello status chi li espone così come nel lignaggio socio-culturale.

Come per la moda, per l’acquisto di un capo di abbigliamento, anche per il design i rischi di Kitsch e Grottesco sono elevatissimi. Capi e mobili andrebbero sempre indossati e “piazzati” nel contesto ideale o personalizzati con il proprio gusto, considerando luoghi e funzioni d’uso. Diffidate da architetti o personal shopper che trasferiscono i loro gusti personali a tutti i costi sui loro clienti o nelle loro case. Vanno bene i contrasti ovviamente ma, abbinare un pezzo da chalet o le corna di un cervo in una casa di città è come incontrare qualcuno in Piazza del Duomo a Milano con i pantaloni di velluto “alla Zuava” e il cappello con la penna di gallo cedrone o incrociare su una barca una donna con tacco 12.

Occorre perciò non farsi prendere la mano da shopping compulsivo durante il Salone solo per poter esibire una novità di design ai propri ospiti. Meglio riflettere sulla sua collocazione, sulla sua reale utilità o inutilità ma che comunque appaghi anche esteticamente e che non sia fuori contesto.

Foto tratta da Le Mobilier Industriel – Quand l’utile devient style – Brigitte Durieux, Aubanel 

The Style Lift

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