HOCUS-POCUS: La magia del flock come soluzione glamour per il riciclo tessile
L’ azienda leader in Italia nella tecnologia per il Flock è guidata da una giovane donna capace di far rinascere gli scarti tessili trasformandoli in polvere
È incredibile l’energia che trasmette Beatrice Casati (in foto), classe 1996, terza generazione dell’azienda di famiglia e per la prima volta al femminile, quando fa apparire “come polvere magica” ciò che produce grazie a una tecnologia industriale che si rinnova di continuo .

Ma cosa è questa polvere tessile? Negli anni 50 si parlava solo di polvere derivata dallo scarto della rasatura del velluto ma poi si è ampliata contemplando quasi tutte le altre fibre tessili, sia sintetiche che naturali. L’incredibile varietà di applicazioni che la tecnologia del Flock consente, come per “magia”, è quella di trasformare, modificandone aspetto e percezione, superfici piane come i tessuti, a disegno o a floccato pieno, o oggetti ed accessori di forme tridimensionali. Il flock è da sempre intrinseco nei prodotti di tutti i brand, ma pochi lo sanno. Basti pensare ai tessuti floccati, alle scatole del profumo floccate, all’interno delle custodie degli occhiali o dei gioielli.
“Quello che sta succedendo negli ultimi due anni, dal mio ingresso in azienda, è l’interesse del mercato per l’opzione flock: uno scrigno con un potenziale incredibile e non pienamente ancora espresso. Fino a due anni fa eravamo semplicemente un fornitore di polvere per i clienti che la richiedevano per applicare su varie superfici. Oggi siamo percepiti come una azienda utile, un vero e proprio partner che funge loro da consulente per il recupero di scarti in un’ottica di sostenibilità. Difatti, ai brand tessile-moda che si rivolgono a noi, consiglio sempre di non impiegare e richiederci fibre tessili vergini che dovremo andare a reperire sul mercato da polverizzare ma, al contrario, di utilizzare direttamente i loro scarti, inevitabili nella produzione tessile. Diamo quindi la possibilità ai brand di creare il loro flock customizzato che deriva dai propri scarti tessili. Utilizziamo una tecnologia virtuosa, che ancora pochi conoscono. Fino ad oggi andava perduta una materia prima tessile per la quale le aziende sostenevano un costo e che ora riusciamo a recuperare e che troverà applicazione su un tessuto, su una qualsiasi superficie tridimensionale o piana dando nuova vita a quello che andrebbe a finire come attività di recupero. Talvolta mi sento dire che il flock non è sostenibile, perché lo collegano solo alla chimica, ai colori. Dal lato nostro ogni passaggio prevede una attenta analisi che da qui a prossimi anni sarà sempre più fluida, di routine. La Casati da sempre investe grande parte dei suoi profitti in attività di ricerca & sviluppo. L’obiettivo è riciclare con il minor impatto ambientale possibile, come macinare il materiale per ottenere un flock sostenibile grazie all’impiego di energia elettrica derivante in gran parte dai nostri pannelli fotovoltaici. Per questo noi vogliamo essere una soluzione per i marchi che, in futuro, non dovranno pensare di cosa farne di uno scarto delle loro produzioni. L’obiettivo è quello di continuare ad attivare un canale di comunicazione sempre più virtuoso con gli uffici stile dei brand che, di fatto, lavorano sempre più a stretto contatto con i loro sustainability manager, fornendo loro soluzioni estetiche e di risparmio insieme”.
Una giovanissima donna, imprenditrice in un ambiente industriale dove macchinari, tecnologia sono alla base dell’attività produttiva: un contesto per lo più maschile. Come si rapporta oggi la sua figura con una attività così complessa, che cosa fa la differenza essere donna?
“Sono entrata come supporto a mio papà che purtroppo, poi, non sarebbe vissuto ancora a lungo. Il mio scopo era quello di portare una nuova visione, quello sguardo al futuro per il rilancio dell’attività industriale. Tre anni intensi, pieni di difficoltà. Dalla perdita del papà, al Covid, alla crisi energetica. Anni che però mi hanno spronato a fare quel cambio di passo che le persone giovani come me e con la mia visione, attuano in situazioni di questo tipo. Le soluzioni ci sono sempre, basta trovarle! In aiuto c’è la passione, la sensibilità e l’intuito femminile, plus non scontati.
Vorrei trasmettere lo stesso entusiasmo impiegato nell’azienda di famiglia anche al settore moda. Il flock va sì raccontato per quello che è ma anche con entusiasmo e fantasia, perché si tratta sempre di un prodotto cool e virtuoso che, se messo nei posti giusti, fa la differenza. Mi permetto di definirlo una forma d’arte applicata al servizio della moda e del tessile”. Flock e Denim?
“Il denim, già di per sé è considerato materia evergreen poiché un capo può avere più vite attraverso tinture e i finissaggi, come pongo che si modifica modellandolo. Noi abbiamo deciso di puntare sul Denim perché è uno dei capi più sexy che ci siano. Tutti i marchi oggi hanno o vogliono avere una linea denim: perché non declinarlo anche sotto altre forme attraverso l’utilizzo della tecnologia del flock? La sua forza è che, anche solo macinandolo, si possono ottenere sfumature bellissime, sempre diverse.
Il colore Denim è anche armonia e la “nostra polvere magica”, poi, fa il resto…