La grammatica creativa di Antonio Marras parte dalla materia

Nella moda e nell’interior i filati e i tessuti sono ambito di sperimentazione per ottenere effetti inaspettati.


di Flavia Colli Franzone

Eclettico e camaleontico, Antonio Marras (in foto) non si ferma mai. Anche durante l’intervista, nel suo concept store di Milano in occasione della Design Week e poco prima di volare in Sardegna per realizzare la performance dedicata alla collezione pe 2022, disegna su un quaderno: “Quando parlo devo avere le mani impegnate, così mi concentro di più. E’ un blocco che porto sempre con me durante i viaggi e gli spostamenti, faccio dei disegni e poi li riprendo e intervengo con colori,sovrapposizioni”.

Così fa anche con le sue creazioni, non solo di moda, perché parlare di abbigliamento è riduttivo. Dall’arte all’interior, dalle ceramiche alle installazioni, ogni materia plasmabile è motivo di intervento e di curiosità da parte sua, passando con facilità da stilista a designer, da artista a curatore di musei. Il suo più recente ruolo è stato infatti quello di ideatore della mostra Sulle tracce di Clemente, inaugurata a giugno scorso per l’apertura della Sezione Etnografica del Museo archeologico di Sassari. Un dialogo fra origini antiche, tradizione e attualità, tra memoria e presente. Confini entro i quali si muovono le sue collezioni, dove la materia gioca un ruolo importante.

Qual è l’importanza della materia nella moda e nell’interior?
Dietro a ogni mia collezione c’è uno storytelling, un termine oggi molto attuale, ma che già da tempi non sospetti accompagna ogni mia creazione. Mio padre aveva un negozio di tessuti che io custodisco come si fa con i preziosi in uno scrigno, quindi è inevitabile immergermi ogni volta nei
tessuti durante gli incontri con i miei fornitori storici con i quali mi confronto su cose che sembrano impossibili da realizzare e che suonano ogni volta come una sfida. Non conosco tecnicamente i tessuti e quindi spiego loro a cosa voglio arrivare, perché su questo ho le idee
chiare. Quindi parto proprio dalla materia perché ho bisogno di toccare, di vedere, di sentire, di stropicciare e modificare, di immaginare quel tessuto applicato a forme e volumi che di solito non sono “adatti” a quel peso, consistenza e corposità. Mi piacciono queste sfide e questo voler trovare aspetti “inaspettati” dell’oggetto conferiti dal tessuto.

Lo stesso avviene per i filati?
In questo caso si tratta di un iter ancora più remoto, che parte dai fili per immaginare cosa sarà poi una maglia passando attraverso i melange, le mischie, le consistenze e gli assemblaggi di filati differenti che danno spessori e volumi diversi con giochi di vuoti e pieni, di tridimensionalità,
effetti che ti regala la maglia.
Questi accostamenti di filati e materiali diversi sono in un certo senso la cifra stilistica delle sue collezioni. Da sempre ho questa predilezione nel cercare accostamenti di tessuti e materiali femminili e maschili, anche se oggi non esiste più una connotazione così precisa, ma una commistione fra
forme, volumi, generi e quindi anche fra tessuti e superfici che si incontrano e scontrano molto spesso nella realizzazione del capo finito.

Oggi si cerca di valorizzare il filato e il tessuto proveniente da allevamenti del territorio di ovini protetti. Anche in Sardegna esiste questa tradizione?
Abbiamo quel tessuto che si chiama Orbace, un panno ottenuto attraverso una specifica lavorazione della lana che risale a epoche antiche. Era usato per le cappe e i cappotti dei pastori. Di solito veniva tinto di nero ma poi, colorato con piante officinali che danno tonalità uniche di blu, rosso, giallo, è stato usato per i tappeti. Ho utilizzato l’orbace per alcune cose, ma in realtà bisognerebbe affinare il tatto per renderlo più gradevole.


L’importanza del tessuto, invece, nelle home e interior collection?
Ho usato tessuti ecologici per i divani, frutto di una filiera controllata e garantita. Le stampe delle lampade e delle tappezzerie nascono da un processo di recupero: le sarte che rivestono le assi da stiro con i teli ecru dopo vari passaggi con il ferro da stiro ottengono delle bruciature o sfumature più scure dovute appunto all’intervento del ferro. Durante il lockdown avevo trovato un frammento di un vecchio tessuto che ho cucito su questa tela, ho disegnato sopra delle rose e da lì è nato il tessuto per la nuova collezione della casa. La stessa stampa è utilizzata anche nell’
abbigliamento per la pe 2022.

Cosa influenza di più le sue collezioni?
Sono sempre stato attratto dagli opposti, dalle culture locali e non solo quella della mia terra. Ad esempio, il Giappone mi influenza continuamente con la costruzione dei suoi kimoni, quintessenza di pulizia e linearità, agli antipodi del tipico abito sardo fatto di stratificazioni di pezzi, la sottogonna, la gonna , il grembiule, il corpetto, la camicia, il gilet. Tutto quello che è lontano e io non vivo nel quotidiano, mi affascina e influenza. In realtà io nasco minimalista, ma poi complico tutto, incrosto, sporco durante il processo creativo.

Oggi si rivaluta il genius loci e il legame con il territorio. Cosa le ha trasmesso la Sardegna?
E’ sempre presente nei miei lavori. E’ una terra unica, ma è anche un luogo dove è facile perdersi perché è la somma di una serie di popoli che l’hanno invasa, stuprata, amata, dove chiunque lasciava delle tracce e dei segni che si cercava poi di cancellare. In realtà questi segni sono rimasti e si sono amalgamati dando vita a un territorio che è una stratificazione di culture fra influssi mediterranei, fenici, punici, bizantini, arabi e così via. E’ una terra-scrigno dalla quale consciamente o inconsciamente si attinge.

Riciclo, riuso, valorizzazione degli antichi mestieri. Oggi è di grande attualità, ma lei lo ha sempre fatto.
Si, ad esempio, ho utilizzato le donne che facevano i corredi per le figlie e le ho messe a fare i cappotti. Sono poi andato oltre. Si è di recente concretizzato un progetto per ridar vita al museo etnografico di Sassari attraverso la mostra Sulle tracce di Clemente, un dialogo fra tradizione e
presente, costruendo e assemblando sui manichini abiti spaiati della cultura sarda per creare nuove silhouette.

Cosa vuole esprimere la collezione di abbigliamento per la pe 2022?
Il mood rispecchierà il nostro vissuto perché una collezione non può essere avulsa dalla realtà e quindi è influenzata dagli eventi che ci hanno colpito ultimamente. Sarà una linea con colori molto chiari che avrà come contrasto panorami e situazioni toccanti.

Dove le piace sperimentare di più, nella moda, nell’arte, nell’interior?
Dico sempre che sono prestato alla moda. Faccio quello che mi sento perché sono spinto da un bisogno e da una irrequietezza di fare. Quindi il mio approccio alla moda, alla ceramica, all’arte, al design è lo stesso. Mi immergo in queste discipline senza una preparazione specifica, ma con una
mia visione.

La sua moda è per pochi?
Non è vero, la mia moda è per tutti. E’ più facile vestirsi di nero piuttosto che usare combinazioni, ma ci sono tanti capi di uso quotidiano. Per alcune clienti l’approccio alla mia moda è spontaneo e facile per altre è una sfida perché riconoscono che non sono capi banali.
Mi fa piacere sapere che le mie clienti non buttano via i miei abiti. Quindi vuol dire che sono oggetti da custodire e che conservano un valore affettivo importante.

The Style Lift

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