LA MODA MANIFESTO DI VIVIENNE WESTWOOD

Etica, estetica, sostenibilità: Giorgio Ravasio, country manager Italia della griffe, racconta il percorso, a ostacoli, verso una moda sempre più responsabile che rispecchia a 360 gradi i valori e lo stile di vita della fondatrice del brand. 

Intimista (come effetto della pandemia) o esuberante, come è cambiata la vostra moda? In altre parole, cocoon o gridata? 

L’indirizzo stilistico della griffe è legato alla sensibilità di Vivienne Westwood  in rapporto a quello che vive, sente , legge, ascolta. Quindi una ricerca estremamente libera. La pandemia è stata vissuta come espressione della crisi legata alle tematiche ambientali, climatiche e allo sfruttamento del pianeta, valori per i quali si batte da sempre Vivienne Westwood. Sotto questo punto di vista, quindi la pandemia non ha reso le collezioni più intimiste o esuberanti e non ha cambiato il corso stilistico. La nostra è una moda personale, ma è importante il ruolo che riveste la moda nel sensibilizzare su determinati temi. Vivienne Westwood  più che una stilista e un’artista, che ha utilizzato i suoi prodotti, dall’abbigliamento agli accessori, per manifestare un’idea o un concetto. Da molti anni infatti le collezioni sono permeati da tematiche sociali, ambientali, ecologiche e culturali. Usa cioè i vestiti come strumento di sensibilizzazione e di comunicazione, attraverso gli slogan e la grafica, proprio come un artista potrebbe fare con le sue tele.  Ha cercato cioè, attraverso il punk, di essere una influencer culturale.

La moda è estetica. L’estetica a volte prende il sopravvento nell’abbigliamento a scapito della comodità e del comfort? Come interpreta questi valori?

La ricerca estetica non è sempre legata al comfort. Quando la stilista prende ispirazione dai quadri settecenteschi la comodità non è prioritaria. Ad esempio il corsetto, non è certo fra gli indumenti più pratici. Ovviamente ci sono oggi capi contemporanei, come la felpa o la tuta, che vanno in quella direzione. Le grafiche e la cura dei dettagli prendono comunque il sopravvento e prevale il valore estetico. 

La moda però deve essere anche etica e Vivienne Westwood ha già da tempo intrapreso questo cammino.

Questo è un tema molto articolato. Dal punto di vista etico, le battaglie sociali e ambientali manifestano il desiderio di sensibilizzare il mondo al rispetto per il pianeta e per le persone e questo è connaturato, più che al tipo di moda, alla persona, al proprio comportamento e alla comunicazione attraverso i prodotti. Altro discorso è gestire un’azienda etica. Per applicare anche all’azienda l’etica comportamentale della sua fondatrice, abbiamo cercato di agire anche internamente per rendere l’azienda più efficace su questi temi. A partire dal modello di business, che fino a 10 anni fa si basava sulle licenze, quindi fornendo il design, ma affidando a terzi la produzione lasciando a loro la responsabilità di gestire la filiera. Da allora abbiamo cambiato rotta, passando a coordinare direttamente i produttori e andando a scegliere le materie prime dai filatori, tessitori, e così via. Questo ci consente un controllo più incisivo sulla filiera trasmettendo a tutta la supply chain i valori del brand.

Per quanto riguarda la tracciabilità state facendo un progetto pilota con Unece? Di cosa si tratta?

E’ un progetto in cui, in un certo senso, abbiamo fatto da cavia. Ci siamo cioè messi a disposizione, attraverso le nostre problematiche e necessità, per realizzare una sorta di piattaforma digitale per gestire la tracciabilità. Questo perché la tracciabilità sembra una strada facile da perseguire, in realtà è una somma di step che implicano sapere da dove proviene la materia prima, dove viene immagazzinata, trasformata in filo e in tessuto, chi ha tinto e confezionato il capo e infine dove viene venduto. Tutto questo per poter tracciare il processo e il prodotto che arriva al consumatore. Al momento, seguendo questo processo, abbiamo quattro prodotti, fra pantaloni e camicie, che sono totalmente tracciabili. E’ ancora un esperimento, in attesa di arrivare a tracciare l’intera collezione, ma non è un percorso rapido. Questa piattaforma a cui abbiamo contribuito, in futuro sarà a disposizione di tutti le aziende. 

Sostenibilità è una parola abusata, ma ci sono dei distinguo…

Non è facile anche solo sapere, ad esempio, se per fare una camicia sia meglio utilizzare, dal punto di vista dell’impatto ambientale, un cotone organico, una seta o una viscosa.  Per questo mi sento di dire in generale che le aziende di moda per raccogliere tutte queste informazioni forse hanno più bisogno di “scienziati” (chimici, biologi, ecc) con più competenze specifiche, che di creativi.

Sostenibilità significa anche gestione delle risorse, efficienza produttiva, contenimento degli sprechi già a partire dai tagli sui carta modelli e da lì in poi. 

La sostenibilità pone dei limiti alla creatività?

Penso che la creatività non abbia limiti. Vive di limiti e del superamento degli stessi. Inoltre, se la sostenibilità è gestita con attenzione e con metodo, con il senso dello spreco e il corretto utilizzo, più che un costo può essere un grande risparmio. 

Quali sono i tessuti e i materiali che assecondano l’evoluzione della moda “responsabile”?

Stiamo lavorando anche con le Università per capire quali siano i materiali e i tessuti meno impattanti sul pianeta. E’ ancora presto per dire quale sarà il materiale o il tessuto che salverà il mondo. Il motto di Vivienne Westwood è “buy less, choose better”, quindi il futuro è produrre capi timeless, di qualità, non soggetti a rapida usura, che vengono comprati, amati e tramandati.  

Cosa rappresenta il colore nelle collezioni Vivienne Westwood? 

I nostri colori sono molto British, poco mediterranei e colorati. Tanti toni virati sui grigi, il prugna, il navy, il marrone. L’ispirazione arriva per lo più dal passato, dai quadri, dai musei. 

Si parla tanto di slow fashion. La moda di Vivienne Westwood ha rallentato?

Abbiamo già ridotto il numero delle label. Anche i prodotti che realizziamo stagionalmente sono meno di prima e puntiamo ancora di più sulla qualità e su materiali il più possibile sostenibili, ben consapevoli che siamo sempre davanti al dilemma socratico che “più conosciamo, più sappiamo di non sapere” con l’onestà intellettuale di essere sempre alla ricerca del nuovo senza aver ancora trovato la soluzione ottimale ai problemi. 

La moda è un manifesto della personalità. A che tipo di donne e uomini si rivolge la vostra moda? 

Si, come dicevamo la moda di Vivienne Westwood è un manifesto, rappresenta una ideologia, è anticonvenzionale e portatrice di valori. Non voglio dire che i nostri clienti devono essere tutti attivisti, ma ci immaginiamo di rappresentare una sorta di esercito della salvezza del mondo. 

Anche la casa di Vivienne Westwood è sostenibile? 

Al di là della moda e della casa, Vivienne Westwood è una persona sostenibile, attenta a non sprecare nulla. Viene in ufficio in bicicletta, non ha l’automobile o la seconda casa o lo yacht. Aveva fatto una campagna per invogliare a risparmiare l’acqua e incentivare a passare all’energia da fonti rinnovabili. Quindi campagne di attivismo sia interno verso i dipendenti, sia esterno verso la filiera e il pubblico. 

Per quanto riguarda la sua casa, vive nello stesso quartiere che venti anni fa era periferia di Londra, nelle case popolari della working class  novecentesca britannica. Vive quindi “a misura di persona”. Dedica tutto il suo tempo al lavoro, è ricca di questi valori, non ha bisogno di altri tipi di ricchezze.  Una persona trasparente e coerente nelle azioni.  

The Style Lift

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