THE FABRICS’ SOUP

by Marco Poli

POINT NEMO (45° 52’.6S – 123° 23’.6W)

è il punto dell’Oceano più lontano da qualsiasi terra emersa, dalla civiltà. Per raggiungerlo in navigazione dalla più vicina costa servirebbero 15 giorni, 10 ore e 37 minuti; solo acqua infinita tutt’intorno su un fondale di 3.600 metri. Nessuna linea di navigazione commerciale lo sfiora, nessun velivolo che parta dalla terra ferma lo sorvola. Gli esseri umani che di solito passano più vicini a Point Nemo sono gli astronauti della stazione spaziale internazionale che, quando lo sorvolano, sono ad “appena” 400 Km. di altezza.

Esiste per la Moda un Point Nemo all’orizzonte? Per un sistema alla deriva, apparentemente organizzato ma sempre più anarchico? Un pericoloso punto lontano da tutte le rotte del gusto?

Per un uomo della mia età, ventenne negli anni ottanta, esiste questo rischio, si. Abbiamo visto il succedersi di stili e cicli, la mia generazione è stata testimone di “mode” partite dal basso, piovute dall’alto magari contemporaneamente ma, pur sempre bussole con le quali orientare le proprie scelte, sentirsi parte di un’epoca.

Ritornano gli anni ottanta? Si? No? Pare di sì, nei volumi (speriamo non nelle spalle da corazziere, sulle quali ogni testa pareva essere sproporzionata ).

Erano gli anni dell’edonismo reaganiano, degli ultimi colpi di coda dello Studio 54 a New York, della Disco Music… ma, anche della insensibilità per l’ambiente, il mondo era diverso. Oggi questa tendenza deve fare i conti con una corrente molto forte, quella della Sostenibilità. Sulla carta: l’ideale.

Si può essere “edonisti sostenibili “? Come è possibile progettare e produrre filati e tessuti che incarnino entrambe le tendenze, sempre che di tendenze si possa ancora parlare? Saremo hippies gaudenti o edonisti con i colori della natura? 

Davanti a tutto questo, con l’aggravio di tempeste geopolitiche-economiche, crisi energetiche, ci sentiremo come Robinson Crusoe, naufraghi in un mare sconfinato e agitato o piuttosto troveremo all’orizzonte baie e anse dove ripararci, riflettere e riprendere fiato per elaborare una strategia di ripresa? Magari, come Crusoe, potremmo sorprenderci e trovare un legame indissolubile con la natura, utilizzando fibre naturali, riciclando veramente ciò che è in disuso, alimentando così un’economia circolare che sia anche fonte di reddito e di bellezza.

Il consumatore ha bisogno di bussole, di rivedere la stella polare. Noi della Moda dovremmo saperle proporre, con fantasia e pragmatismo insieme.

Il coraggio di imprenditori, stilisti e case di moda sarà quello di rimettere ordine nei cassetti e separare le molte cose buone che la Moda ci ha dato in questi ultimi decenni. Riattualizzarle rendendole fruibili con nuovi moderni concetti di Sostenibilità anche economica e non mere performance da show in passerella: anche questo è “non-spreco”.

Sarebbe un segnale univoco, una rotta alla quale anche tessitori e filatori potrebbero rivolgersi e ispirarsi, ognuno ovviamente con la propria specialità e personalità, senza essere costretti a stravolgere le loro produzioni o inventare prodotti che rimarranno invenduti. E, il “nostro” Point Nemo sarà scongiurato.

The Style Lift

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