THE FABRICS’ SOUP
di Marco Poli
ULTRA
un termine diventato qualcos’altro da sé stesso, un furto ideologico di ciò che dovrebbe essere qualificante e diventa invece peggiorativo e minaccioso. Ultra sarebbe per dire oltre, nel senso di maggiore del maggiore, ultraleggero, ultramorbido, ultraconfortevole, ultra-sostenibile, una dote in più, ultrasensibile, un ultra che si lega a qualcosa di aggettivante e lo rafforza, nel bene e nel male.
Ultra, solo, è ora sinonimo di gruppo, banda, un insieme di individui ultra che sanno solo andare oltre il lecito, accomunati da una definizione che di per sé diventa idiota. Ultra cosa? Dalla sua nascita ad oggi, il termine nel mondo calcistico che tanto lo ama si è peraltro chiarito da solo. Ultra come incitazione a urlare, gridare, spaccare, colpire più che si può. Una rabbia ultra-delinquenziale e grottesca quanto spaventosa e gratuita. Ultra oggi è intanto dilagato, come ogni pessimo esempio, ha conquistato altri territori psico-sociali del nostro tempo, dal cattivo gusto dominante. Così, in termini negativi, possiamo usare ultra per gran parte delle cose che ci circondano non benevolmente: ultratraffico, ultrarumori, ultratruffe, ultramutui, ultraprezzi, ultracaro, ultravillano. Ultrascemo, il nuovo epiteto al semaforo a bordo di una ultrasportiva…
Ma non tutto l’ultra viene per nuocere. Esiste da sempre anche l’ultra elogiativo, l’ultra raffinato, di massima qualità. In primis, proprio nei TESSUTI, gli impareggiabili tessuti italiani, da sempre, anch’essi ultra, il meglio del meglio. Ultraleggero, ultrafine, ultranaturale, ultratecnologico, un tessuto che di più non si può: ultra appunto.
Ecco, su questa ultra-qualità occorrerebbe fare più chiasso, farsi sentire in un mondo di ultra copiatori che danneggiano e feriscono creatività e saper fare italiani. Ultra dunque come obbligata esagerazione, dote primaria del nostro tempo, dove tutto è o dev’essere “mitico, favoloso, divino”. E i bellissimi, invidiati tessuti italiani come possono autodefinirsi per distinguersi in questo mare di plus? “Esageratamente made in Italy”, un’ultra-etichetta, veritiera e unica al mondo, in un mercato di apparenza e ultracontraffatto.