THE FABRICS’ SOUP

APPOINTMENT

di Marco Poli

L’appuntamento, una nuova stagione del Made in Italy ma anche dello stilismo mondiale, con giri di poltrone e nuovi ingressi, si preannuncia stavolta come davvero particolare, interessante. È cambiato profondamente tutto senza che nulla faccia pensare a un nuovo equilibrio assestato.

È cambiato e sta cambiando e chissà per quanto tempo ancora, il mondo nel suo significato di popoli ed economie e nella sua realtà di produzioni e di mercati. Non si tratta di scacchiere, definizione valida per lo più per l’Europa e i suoi membri contendenti ricchi e poveri, non così uniti, non così convinti. Un’Europa vischiosa, sempre più appesantita da sé stessa e dalla burocrazia. Dalla Guerra proprio ai suoi confini. Un continente inizialmente invecchiato con dignità e oggi stanco e confuso da nuovi ingressi, anch’essi confusi e vecchie grandezze velleitarie che non sanno regolare i conti di chi ne fa parte.

Nel cambiamento planetario domina dunque inevitabilmente la forza del decisionismo di chi sa di dover crescere per non soccombere, forze nuove, intelligenti e ricche, capaci di produrre sempre più tutto per tutti , bene e in fretta e competitivamente. Sono blocchi immensi di denaro e di uomini e di lavoro, di tecnologie. Miliardi di persone che in Asia ma anche in Brasile hanno capito che produrre sempre meglio , a bassi costi e alte tecnologie è l’arma indispensabile per affrontare il futuro dei consumi e del consumismo. Nel vero quadro generale internazionale, per fortuna, malgrado tutto resiste un’Italia che, vista da fuori avrebbe ancora molto da dire per qualità e creatività. Un’Italia certo più decisa e pragmatica e capace di pensare con realismo alla sua profonda realtà, quella che essa crea e che oggi la circonda non così gentilmente. Nel mondo del relativo, anche la speranza è relativa, dipende da come la si vive. Per l’Italia e il tessile e la moda o, meglio, il prodotto moda e la produzione, la delocalizzazione e i distretti, l’aggrapparsi alla ciambella della creatività e della sostenibilità è certo necessario ma non più sufficiente. Non bastano i ricavi se i costi sono alti. Ma un Paese dai costi alti significa che è anche ricco ed efficiente… Se è così, non c’è da lamentarsi. Tutto va bene, basta saperlo, dunque: siamo bravi, ricchi e anche belli. Basta crederci. E ora andiamo all’appuntamento con il Mercato, ci aspettano molti poveri, più “ricchi” di noi.

The Style Lift

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