THE FABRICS’ SOUP
CUORE
di Marco Poli
Esasperata smania di “personalizzazione” espressa da chi consuma avendo i mezzi per consumare. Bisogno di personalità inseguita disperatamente da chi cerca di trovare una dignità di vita. Scelta che oggi deve compiere chi crea e produce cose, oggetti, vestiti per un pubblico frugato nei suoi meccanismi psicologici fatti di desideri certi e di possibilità incerte.
Un pubblico complesso, sempre meno conosciuto nella sua sfera di volontà potenziale, volontà inespressa perché inesprimibile. Un pubblico acquirente estremizzato, l’uomo, la donna, i giovani che oscilla dalla Porsche GT a un paio di sneaker di oggettivo basso valore ma di alto status.
Il numero di miliardari e di delinquenti, di ricchissimi e di poveri è enormemente aumentato nel tempo, seguendo statisticamente l’incremento di una popolazione che vive nell’angoscia quotidiana o teme di provarla presto. Ci si chiede che cosa siano, che valore abbiano i beni dell’intelletto umano, la scienza, la tecnica, l’arte, che cosa essi celino nei loro eccelsi risultati e nel loro cuore, perché un cuore certamente ce l’hanno, come tutto ciò che nasce dalla mente e dalle mani dell’Uomo. Possono dunque oggetti, indumenti, mobili, case, avere un cuore, così come ce l’hanno gli uomini e le donne che quotidianamente usano tutte queste cose, superfluamente o per bisogno? Può l’intelligenza che le ha fatte nascere trasmettersi a chi le usa?
E se queste cose non parlano al cuore dei loro destinatari, se non sono capite, apprezzate e “consumate” come si vorrebbe, chi ne ha colpa? Tutto questo enorme progetto di progetti sta producendo di giorno in giorno un risultato accatastato, ridondante, un troppo di tutto, rivolto per l’ottanta per cento a chi quelle cose le ha già e, contemporaneamente, per un altro ottanta per cento a chi quelle cose non le potrà mai avere. Come ci considera chi pretende di guardare dentro di noi e ci classifica per proporci tutto questo “più di tutto”? Un plus davvero sbilanciato tra ridondanze e necessità. Un di più che spesso non sappiamo neanche usare quando lo possediamo, un più senza cuore. Così non funziona ma, certo occorre che tutto ritorni a funzionare, a vivere. Che il corpo e la mente si disintossichino. Che il cuore torni a battere. Come? Più con meno, forse.