IL TEMPO? UNA ILLUSIONE SOSPESA

di Anna Fileppo – Founder Studio Anna Fileppo – Arte e Industria

Riassumere i ruoli che ha ricoperto Denis Curti in breve è impegnativo! Critico della fotografia, direttore artistico, giornalista, grazie alla sua trentennale esperienza di curatore vanta numerose pubblicazioni, tra cui la più nota, “Capire la fotografia contemporanea. Guida pratica all’arte del futuro” (Marsilio Editori) traccia una mappa per orientarsi nel panorama della fotografia di oggi.  Chi meglio di lui poteva parlarci di come la fotografia sa fermare il tempo? L’ho intervistato, mi ha raccontato moltissimo. 

Anna Fileppo intervista Denis Curti

Carlo Rovelli nel suo libro L’ordine del tempo ci spiega che il tempo non esiste, che passato e futuro convivono, e che il tempo esiste nella percezione dell’osservatore. Tu pensi che la fotografia cambi o abbia cambiato la nostra relazione con il tempo.  

La fotografia sicuramente ha una fortissima relazione con il tempo, é luogo comune dire che la fotografia fermi il tempo. Tra i molti sinonimi di fotografia, uno che non mi dispiace affatto, è ‘’istantanea’, quindi qualcosa che ha che fare con l’istante.  

Roland Barthes in “La camera chiara” (Einaudi Editori, 2003, Nota sulla fotografia n.d.r.) fa tutta una serie di riflessioni su questa relazione un po’ drammatica che la fotografia ha con la morte, e quindi con il tempo e sul nostro passaggio terreno.   

Denis Curti

Nella pittura classica la caducità della vita era data dalla presenza simbolica dell’uccellino, della farfalla, ad esempio in mezzo a una tavola magnificamente apparecchiata.  

Ci sono stati dei fotografi che mi hanno molto appassionato, ad esempio ho fatto una Mostra con David LaChapelle dove ha realizzato delle Vanitas e degli still -life in cui, con la sua usuale potenza provocatoria la caducità della vita era rappresentata dalla data di scadenza di un pollo surgelato. Secondo me oggi, 40 anni dopo la pubblicazione di “La camera chiara” la fotografia contemporanea ha fatto un passaggio ulteriore, non si porta più appresso questa dimensione.

Io mi sono trovato tantissime volte in difficoltà perché le aziende chiedono ai fotografi di interpretare il futuro, di raccontarlo, che forse e’ un mestiere che appartiene alla sociologia o al marketing.  Ma nella fotografia “dell’oggi” la dimensione del tempo non è più così fondamentale, è più preponderante una dimensione dell’introspezione della persona. L’ossessione di certi fotografi ‘diaristi’ che hanno veramente lavorato cercando di raccontare la loro vita per fermare il tempo e’ stata superata, non è più così centrale 

La fotografia cambia anche la nostra relazione con la realtà?

Fin dall’inizio la fotografia e’ una messa in scena. Quando nel 1839 Daguerre presenta ‘L’avenue du temple’, quella fotografia contiene una menzogna, per fare quella foto lui necessitava di 20 minuti di posa, nella foto vedi un lustrascarpe e il suo cliente, non ce’ nessuno, non ce’ una carrozza, non ce’ un passante, siamo a Parigi, sono due attori che lui ha pagato per restare li in posa.  C’è anche la questione dell’interpretazione, del contesto. Nel mio libro “100 foto che sconvolsero il mondo” (Edizioni 2023, 24Ore Cultura) racconto di Elliot Erwitt che nel 1959 a Mosca scatta questa foto tra Krusciov e Nixon dove Nixon punta il dito, e viene interpretata come l’America che tiene in riga la Russia, in realta’ sappiamo che parlavano delle qualità nutritive della cicoria.

La realtà è contesto, la didascalia racconta l’intenzione del fotografo, piuttosto che la realta’.  Il rapporto con la realtà è sempre un rapporto viziato. Scianna  dice la foto e la fotografia mostrano non dimostrano, cioe’ non provano. Ce lo insegna Coleridge,  di fronte alla fotografia ci vuole la sospensione dell’incredulità, suspension of disbelief, come a teatro o al cinema, senza di questa non puo’ esserci una esperienza emotiva.   

Quando la fotografia diventa arte 

Da subito. La distinzione e’ legittima, la relazione tra l’arte e il mercato va a creare delle categorie, ci sono veri artisti che sono assolutamente sconosciuti.  Nella fotografia vernacolare si fanno aste di foto vintage di completi sconosciuti.  Nel 1839 c’è l’invenzione della fotografia poi gia’ nel 1850 hai degli autori come Julia Margaret Cameron che si è inventata delle cose pazzesche !  Poi hai tutti i fotografi surrealisti, i futuristi, i fratelli Bragaglia con quella fotografia “dinamica” creano invenzioni. La fotografia e stata per lungo tempo impressione, e’ Duchamp, che tira una linea netta dove conta di più il progetto della soluzione, del manufatto. Da quel momento la fotografia esplode.

 Qual’e’ la relazione tra fotografia e moda.

C’è stata un’influenza molto forte fra questi due settori, mi piace molto l’idea di questi due mondi che si sono influenzati a vicenda, diventavi famoso perché un famoso fotografo ti aveva fotografato.  Se pensi che la Pinault Collection ha comperato parte dell’archivio fotografico di Condé Nast America e ne hanno fatto un catalogo di dimensioni considerevoli. Chronorama, (Tesori Fotografici del 20° Secolo, in Mostra a Palazzo Grassi fino a gennaio 24) è un riconoscimento formale da parte del mercato nei confronti della fotografia di moda che fino a un certo punto è stata una fotografia professionale.

Prima di Irwin Penn o William Klein la fotografia di moda era statica, documentava il taglio, il portamento.  A un certo punto ce’ un cambiamento che concerne la comunicazione: si scopre che i consumatori sono interessati a una dimensione “aspirazionale”, e quindi  William Klein fotografa le modelle che scendono dal taxi, Helmut Newton fa tutte le provocazioni del mondo: la cronaca nera,  il nudo, il cinema. L’arte. 

La fotografia di moda, gli stilisti, il sistema moda accoglie non soltanto il grande nome ma il grande nome che è capace di portare all’interno del sistema l’idea della contemporaneità.  E’ una fotografia di moda che deve essere figlia del tempo che stiamo vivendo.  Nel 1975 Newton per Calvin Klein fa una fotografia dove si vede una donna seduta a gambe allargate su un sofà, con un camicione, con la mano sul fianco, che guarda un uomo a torso nudo: prima del 1975 non si poteva pubblicare una immagine cosi’, Newton sta parlando di un cambio di paradigma, in cui sono le donne a guardare gli uomini. 

Non conta solo la firma, ma quei fotografi che hanno saputo portare dei pezzi di vita, perché diventi piu’ credibile, sei sincero. Io ho una passione forte per Newton perché lui porta il nudo, porta quest’idea del lusso sfrenato, della ricchezza, ti fa vedere questo mondo attraverso il buco di una serratura. La fotografia di moda apre dei mondi che prima erano preclusi, cercando in questo un altro tema affascinante, questa capacità di erotizzare anche lo spigolo di un tavolo che non ha nulla di erotico, ma Newton era capace di erotizzare anche questo.  E il sistema moda, ricco e intelligente,  soprattutto adesso e’ molto attento ai temi della comunicazione. (Helmut Newton, Legacy – Museo dell’Ara Pacis, Roma, a cura di Denis Curti e Matthias Harder, fino al 10.3.24 n.d.r.).

Galleria STILL Fotografia via Zamenhof, 11 – 20136 Milano info@stillfotografia.it

The Style Lift

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