La rivoluzione comincia dal tuo armadio

di Silvio Mengotto

Dall’Alta Moda a un’altra Moda con al centro la persona.

Con questo slogan lo scorso 16 settembre 2023, il Comune di Milano ha organizzato un incontro pubblico per promuovere la Moda sostenibile e inclusiva. Nella sala Alessi erano presenti giovani imprenditori del settore che coraggiosamente promuovono la Moda sostenibile e inclusiva.

Il Comune di Milano, con l’impulso determinante di Roberta Osculati (a sinistra in foto), vicepresidente del Consiglio comunale di Milano, ha organizzato e coordinato un confronto nel contesto straordinario della sala Alessi di Palazzo Marino, tra l’amministrazione del Comune di Milano e giovani operatori del settore moda, con l’obiettivo di mettere a fuoco gli orizzonti della moda in termini di sostenibilità e inclusività. Numerosi e qualificati i giovani imprenditori presenti al confronto. Come nel convegno “L’altra moda” dello scorso febbraio, l’appuntamento in sala Alessi ha posto il tema della moda adattiva e inclusiva con al centro la persona, “in particolare – dice Roberta Osculati – quella con disabilità, così ho proseguito nell’impegno di promuovere un modo di fare moda che non intrecci solo i grandi brand, ma che abbia attenzioni e sensibilità diffuse, in particolare per il tema della sostenibilità economica e ambientale. La moda non è solo fatta dai grandi appuntamenti, brand con budget importanti che si impiegano per grandi eventi che si consumano in poche ore. Questo il motivo per cui il Comune di Milano lavora e sostiene anche un altro modo di fare moda”.

Dall’Alta Moda a un’altra Moda. Significa sviluppare altri valori e una sostenibilità diversa?  

“Nell’incontro di febbraio avevamo posto il tema di un’altra moda che mettesse al centro la persona, non il budget, non l’abito, non l’aspetto economico, precisamente la persona con disabilità. Mi domandavo come la moda risponde alle aspettative, alle richieste di una persona che vive sulla sedia a rotelle e che ha diritto di vestirsi bene. Altra Moda non significa essere di serie B o qualcosa di raffazzonato con pochi spicci”

In concreto che significa?  

“Significa sviluppare un’attenzione anche artigianale al capo, al tessuto, che rispetti il genere della persona. A febbraio venne fuori che la persona che vive sulla sedia a rotelle come impiegato in banca, vuole andare al lavoro in giacca e cravatta, con un abito confezionato a misura su chi vive sulla sedia a rotelle che sono diverse da quelli normali. Spesso ai disabili vengono proposte tute, abiti comodi, ampi, scarpe col veltro, ma ai disabili non va bene, anche loro vogliono vestirsi alla moda”

Non crede che questo sia proprio lo scoglio nel mondo dell’economia sartoriale e della Moda? 

“È importante parlare, piegare il mercato della moda anche a considerare la persona prima dell’oggetto, dell’abito. Sulla scia di questa lettura sabato si è organizzato questo evento sul rispetto dell’ambiente, anche dei costi che il mondo, l’ambiente della moda prevede e delle persone che vi lavorano, spesso sono donne sotto pagate”.

Questo il motivo della presenza di Marina Spadafora, fondatrice di Fashion Revolution Italia?  

“L’Associazione è nata nel 2014 dopo il crollo di un edificio nel Bangladesh, provocando migliaia di morti e più di 2000 feriti. Nell’edificio crollato si erano ammassati grossi macchinari per produrre abiti che in Italia, in Europa costano pochissimo. Da questo episodio è nato un percorso, delle domande che si chiedono il significato della parola Moda sostenibile. È importante chiedersi che cosa c’è dietro agli abiti che si acquistano.  Il rispetto della persona, quali le conseguenze per l’ambiente. Per questo Marina Spadafora afferma che “la rivoluzione inizia dal tuo armadio”. Mi ha colpito molto sentire che i capi, gli abiti che ci sono oggi nel pianeta sono sufficienti per vestirsi per i prossimi vent’anni, mentre siamo qui a fare fashion week per il nostro guardaroba”.

Una realtà che conferma alcuni pensieri profetici di Pasolini sull’esasperato consumismo, sul falso progresso. La Moda ha sviluppato uno sfruttamento, a volte selvaggio, di donne e bambini. Come se ne esce?  

“Con le proposte dei giovani stilisti emergenti che hanno partecipato al dibattito di sabato che, bisogna sottolinearlo, hanno coraggiosamente deciso di contare su un altro modo di fare Moda. Con le loro specificità professionali, acquisite con grandi brand come Max Mara, Gucci, Prada, hanno deciso da fare moda in altro modo”.

Nello specifico, cosa significa “in altro modo”?  

“Significa puntare sui tre “ri”: ri-ciclo, ri-uso, ri-cucio. Lo scopo è quello di coinvolgere anche le stesse donne qui in Italia come le immigrate o chi percorre percorsi difficili come quelli in carcere. Sono percorsi che offrono non solo una nuova vita al capo, all’abito da realizzare, ma offrono anche una nuova vita a queste persone. Percorsi che fanno capire il senso del ri-ciclo, del ri-uso, del ri-cucio. Dietro al ri-cucire c’è anche un lavoro che rimette insieme parti di una vita spezzata e faticosa”.

C’è uno spazio di responsabilità del consumatore?  

“Il ruolo dei consumatori è importante. Con un neologismo li chiamo “consumo-attori” perché siamo noi che decidiamo cosa entra e cosa esce dal nostro armadio. Se buttare un abito oppure dargli una nuova vita rimodellandolo, ritrasformandolo, riutilizzandolo e rimetterlo nel ciclo della seconda mano. Questo è il filone su cui il Comune di Milano è molto attento. L’assessore allo Sviluppo Economico Alessia Cappello ha condiviso i progetti del Comune di Milano con l’obiettivo di sostenere questi giovani che scommettono sul futuro di una Moda diversa. Mi piace abbinare il fatto che Milano promuova, e sostiene, giustamente, le fashion week e di pari passo sostenga anche questi percorsi”.

The Style Lift

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