THE FABRICS’ SOUP
I BAMBINI DI PITTI BIMBO
di Marco Poli
Ci sono pagine della storia dell’Umanità che vorremmo poter non leggere, saltare d’un balzo. Ci sono capitoli così bui da togliere il sonno. Come quello che, obtorto collo, stiamo leggendo, vivendo.
Israele e la Striscia di Gaza sono l’ombelico di questo atroce incubo dove, tra le vittime civili ci sono anche bambini, centinaia di bambini trucidati e ai quali, improvvisamente, si toglie il sogno, l’infanzia, il gioco, non fosse altro quello di calciare un pallone sgonfio nella polvere di quella terra o di impastare la sabbia con un po’ d’acqua per sfamare una pigotta spelacchiata. Si toglie quella spensieratezza che, per altro, quei bambini nati e cresciuti in quella porzione di mondo, non hanno veramente mai conosciuto. Si toglie loro in modo macabro la vita. Oppure, viene loro strappata la famiglia, alla quale sopravvivono e diventano così spettri solitari.
Tutto molto peggio di un girone dell’inferno dantesco. Bambini sacrificati sull’altare di un conflitto antico del quale difficilmente si intravede una via d’uscita, dopo la speranza accesa dagli accordi di Oslo, nel 1993, e dalla storica decisione di Ariel Sharon che fece ritirare truppe e coloni da Gaza nel 2005. Purtroppo, il sogno si spezzò quand’egli, anni dopo, fu stroncato da un ictus.
E ritornano alla mente i bambini sorridenti e ben vestiti che abbiamo visto in tutti questi anni a Pitti Bimbo. Una vetrina commerciale, certo, ma che in fondo era gioia e la proiezione, la rappresentazione di come un bambino dovrebbe poter vivere anche esteriormente, pulito, ordinato, colorato, dando per scontato che ogni bambino debba essere ovviamente rispettato anche e soprattutto nella sua intimità, comunque sia vestito, tra le mura domestiche, nella quotidianità di una società che va di fretta e che, spesso, abbandona bambine e bambini in una solitudine circondata dal superfluo, per potersi mettere l’animo in pace.
All’orrore dell’eccidio si aggiunge così l’intollerabile profanazione della sacralità di una vita appena iniziata e della sua purezza. Gesti inimmaginabili e che vanno persino oltre alle regole della guerra stessa che vietano di imprigionare, torturare o uccidere bambini, donne, anziani. Non c’è progresso tecnologico o scientifico che tenga. Queste pagine del grande libro della nostra Storia ci riportano indietro di millenni, rendendo vano ogni traguardo raggiunto per il bene comune, ogni scoperta scientifica che ha salvato da malattie mortali milioni di bambini. Ripiombiamo nel buio.
E ci ricordiamo le parole della canzone “Russians” di Sting adattandole ora a queste popolazioni: “It’d be such an ignorant thing to do if the Russians love their children, too…”?
THE CHILDREN OF PITTI BIMBO
There are pages in the history of humanity that we would like to be able not to read, to skip over in one leap. There are chapters so dark that they take away sleep. Just like what we are, right now, reading and experiencing.
Israel and the Gaza Strip are the center of this atrocious nightmare where, among the civilian victims, there are also children, hundreds of children massacred and from whom, suddenly, their dream, their childhood, their playing, if nothing else, is taken away that of kicking a deflated ball into the dust of that land or kneading the sand with a little water to feed a mangy “pigotta” doll. It takes away that light-heartedness that, moreover, those children born and raised in that part of the world have never truly known. It takes away their lives in a macabre way!. Or, their family is taken away from them, which they survive and thus become lonely ghosts.
All much worse than a circle of Dante’s hell. Children sacrificed on the altar of an ancient conflict from which there is hardly a way out, after the hope sparked by the Oslo agreements in 1993 and by Ariel Sharon’s historic decision to withdraw troops and settlers from Gaza in 2005. Unfortunately, the dream was shattered when, years later, he suffered a stroke.
And the smiling and well-dressed children that we have seen all these years at Pitti Bimbo come to mind. A commercial showcase, of course, but which ultimately was joy and projection, the representation of how a child should also be able to daily live, clean, tidy, colourful, taking for granted that every child must obviously be respected also and above all in his or her intimacy, however dressed, within the home walls, in the ordinary life of a society ever rushing in a hurry and which often abandons girls and boys in their solitude surrounded by the superfluous, in order to put their soul at peace.
Adding to the horror of the massacre is the intolerable profanation of the sacredness of a life that has just begun and of its purity. Unimaginable gestures that go even beyond the rules of war itself, which prohibit imprisoning, torturing or killing children, women and the elderly.
There is no technological or scientific progress that matters. These pages of the great book of our History take us back millennia, making in vain every goal achieved for the common good, every scientific discovery that has saved millions of children from fatal diseases. We fall back into the darkness.
And do we remember the words of Sting’s song “Russians” now adapting them to these populations: “It’d be such an ignorant thing to do if the Russians love their children, too…”?