THE FABRICS’ SOUP

RICCARDO ROSSI: IL TEMPO, LA MUSICA E I TESSUTI

di Marco Poli

Riccardo Rossi è attore, conduttore e personaggio televisivo, autore e attore teatrale. Al momento di questa intervista sta registrando la nuova serie televisiva de “I VINILI DI”, trasmissione sequel de “I miei Vinili”, format di successo che svela le personalità degli ospiti attraverso i vinili del loro cuore, che ascoltano insieme. La musica è tempo e macchina del tempo, ma non solo… 

Riccardo Rossi in scena

La musica misura il tempo, è un vero e proprio segnatempo: brani e musiche che ascoltiamo si riferiscono a epoche storiche, a periodi diversi della nostra vita… 

La Musica è la macchina del tempo, come il profumo…

Sto preparando la nuova edizione della trasmissione “I VINILI DI” che andrà in onda su RAY PLAY tra gennaio e febbraio e, ieri andando a lavorare, mi è capitata nell’IPhone una canzone degli anni ’80, un pezzo dei Change, era una dance italiana prodotta da Mauro Malavasi che è un grande della nostra musica e, questo pezzo, mi ha letteralmente catapultato negli anni ’80. Ho realizzato come, fossero anni felici quelli. Perché, se lei sente un pezzo dei giovani di oggi, traspare malessere, rabbia e molto disagio; non c’è un pezzo allegro, di gioia. Dagli anni ’60 con gli amori tormentati e impossibili, si arriva agli anni ’80 dove c’è una gioia di vivere, un’esplosione. Quindi, in realtà, la Musica non è solo una macchina del tempo, ma trasmette proprio la concezione degli anni a cui si riferisce.

Infatti, oggi anche i Rapper denunciano con i loro brani disagio sociale e protesta, non c’è più quella spensieratezza che accompagnava un periodo economico euforico… 

Come è nata la sua idea di abbinare un disco, un LP a un personaggio, svelandone così personalità e curiosità?

Negli anni 80 lavoravo da Goody Music, un negozio di dischi d’importazione a Roma, il titolare ancora oggi è Claudio Donato, che continuo a frequentare e qualche anno fa mi disse: “bisognerebbe pensare a un programma di due amici che parlano di musica”. L’idea è quella che ogni ospite porti in trasmissione i suoi cinque vinili preferiti. Dietro ogni brano c’è sempre un ricordo, un motivo di questa scelta: … il ricordo di un incontro, di un viaggio o di una avventura… un brano che ha fatto pensare all’ospite “di potercela fare nella vita”… 

Se una musica fosse un tessuto, quale potrebbe essere un abbinamento tessuto-musica?

Per me, tutto quello che è arrangiato bene: quindi i grandi crooner americani come il cantato di Frank Sinatra, di Tony Bennet, di Michael Bublé, per me è velluto. Quando entrano gli archi e i violini, questo è velluto. Tutte le canzoni estive, invece, sono cotone americano, quello delle magliette che si facevano una volta con quel bel cotone pesante, senza scritte, spesso oggi le magliette sono solo “manifesti”. Invece sto parlando del “beefy cotton”, la musica dei Beach Boys. Mentre il Rock è pelle. Pensi a come la musica riesca a creare delle “divise”: con una maglietta, un paio di jeans e un giubbotto di pelle sei Rock, è incredibile. Lei ha notato che anche i giornalisti di musica Rock vanno in giro vestiti come i musicisti Rock? 

Che rapporto c’è tra lei e il tessuto? Arriva prima per lei la scelta del tessuto o del capo, quando si deve vestire?

Per quanto riguarda il mio guardaroba è dall’occasione che io decido come vestirmi. Per cui, se devo andare in televisione o a teatro, decido se mettermi la giacca o il pullover. Andando avanti con gli anni ho sempre avuto meno occasioni di indossare la giacca. Anche per una cena a casa di amici, è difficile che la indossi, mi presento con camicia e pullover. La giacca la metto in tutte le situazioni più o meno formali, quando “voglio darmi un tono”. Le faccio una battuta: se devo andare in banca per ottenere un po’ più di credibilità, metto la giacca. Comunque, sono un nostalgico dell’abito “formalissimo”.  Quando capita la serata in smoking, sono felice di mettermelo! 

The Style Lift

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