Chi era costui? Semplicemente il più famoso direttore d’orchestra della seconda metà del secolo scorso: il Novecento.

E forse anche il più bravo. Certo è che in cinquant’anni di carriera vendette più di 200 milioni di dischi: partendo dai primi vinili e arrivando alla nascita del compact disc. è che Stanley Kubrickscelse per “2001. Odissea nella spazio” due interpretazioni di Karajan diventate colonna sonora di scene entrate nella storia del cinema: il Bel Danubio Blu di Johann Strauss (con i Berlin Philharmoniker) e la registrazione di Così parlò Zarathustra di Richard Strauss incisa invece da Karajan con i Filarmonici di Vienna.

Austriaco, nato a Salisburgo nel 1908 Karajan è l’uomo che ha creato l’immagine stessa del direttore d’orchestra: ieratico, ispirato, affascinante. Piccola statura, grande carisma e fascino indiscutibile. Uomo di innata eleganza sia che indossasse il suo abito da lavoro – il frac – oppure un abito formale o un outfit sportivo, come il mitico dolcevita scuro che facevarisaltare i capelli col tempo brizzolati e poi candidi. Il celebre ciuffo spettinato ad arte, il bel volto intenso, l’occhio grigio-azzurro che sapeva essere gelido acceso invece dal sacro fuoco della passione per la musica, il braccio teso in un gesto sempre incisivo.

Così Herbert von Karajan appare iconico nelle tante immagini che lo ritraggono sul podio delle sue grandi orchestre, su tutte  i Berliner del quale fu direttore a vita (dal 1954 al 1989), iWiener Philharmoniker, la Philharmonia Orchestra. E ovviamente anche l’italianissima Orchestra del Teatro alla Scala. 

Così lo si riconosce anche nelle fotografie dal fascino glamour scattate a bordo delle sue barche a vela, delle sue automobili di lusso – sempre preferibilmente sportive – (Mercedes,Ferrari, Lancia Stratos e tante Porsche di cui una porta il suo nome) e degli aerei che pilotava lui stesso per spostarsi più velocemente in jet da un podio all’altro. Tutte le sue barche a vela le chiamò “Elisara”, unendo i nomi della sua terza moglie, la bionda e bellissima Eliette – che era stata modella per Christian Dior ed era più giovane di Herbert di ben 31 anni – e delle figlie Isabel e Arabel. Yacht che Karajan teneva ormeggiati nei pressi della sua villa di Saint-Tropez, “La Palme”, veleggiando lungo la costa quando non le impegnava in grandi regate. Dalla bacchetta al timone, al volante, alla cloche è un’immagine forte quella diKarajan, l’immagine di un leader che diventò mito, inventando l’immagine stessa del direttore d’orchestra e diventandone simbolo. Attorno a lui si creava un aura quasi soprannaturale. Dirigeva concentrato tenendo chiusi gli occhi azzurri: conosceva a memoria tutte le partiture del suo vastissimo (troppo vasto forse) repertorio da Bach e Vivaldi a Richard Strauss e Sibelius. Era insieme musicista, direttore, produttore, regista, scenografo e un visionario del marketing. Uomo geniale, ammirato, ma anche temuto.

Più di trent’anni fa, il 16 luglio 1989, Karajan moriva ottantunenne ad Anif, il villaggio austriaco nei pressi di Salisburgo che era la sua casa. Pioniere, appassionato di tecnica e tecnologia aveva creduto per primo nel potere della musica registrata (contribuendo al successo di etichette come Emi, Deutsche Grammophon, Sony), delle riprese televisive dei concerti. E nella nascita di quella che negli anni ’80 era una tecnologia innovativa: il compact disc. Il primo cd della storia fu suo: era il 1982… 

Per tutta la vita fu un precursore. Per lui esisteva sempre e solo una direzione: in avanti – ricordano i musicisti che lavorarono con lui – raccontando che non riposava mai, che ha studiato per tutta la sua vita, evolvendo sempre se stesso e le sue orchestre, anche dal punto di vista commerciale. Si occupava con energia inesauribile di ogni minimo dettaglio: leggenda vuole che spesso durante le riprese filmate con i Berliner Philharmoniker la musica venisse suonata in playback, in modo che gli orchestrali potessero concentrarsi nel tenere gli strumenti e gli archetti perfettamente paralleli tra loro al millimetro. Il numero di prove e riprese prima che il direttore fosse contento del risultato è parte della leggenda che lo circonda.

Così alla sua morte scriveva di lui un grande critico musicale italiano, Duilio Courir: «Molti gli rinfacciavano apertamente e non gli perdonavano il suo difficile temperamento, l’orgoglio intransigente, il coraggio e il successo nelle imprese più temerarie… Ma tutta la sua vita forse, sicuramente tutta l’estrema parte della sua vita, si è svolta esattamente all’opposto di come è stata descritta: sotto il segno di una ricerca di perfezione costante, lontana dallo star-system e sensibile soltanto, dopo la musica, al fascino delle barche e dei motori dei quali non si stancava mai di leggere le riviste specializzate». Karajan, l’immagine, lo sport, il mare, i motori, la famiglia dunque… Sempre dopo la musica, però, quella musica che da Mozart a Beethoven a Wagner a Strauss lo ha portato nella Storia. Buddista, Karajan non credeva alla morte ma alla reincarnazione. Certo la sua musica non è morta con lui. E neppure il suo stile.

Qui di seguito il GUARDAROBA:

The Style Lift

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